Scrittrice inglese
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Una raccolta di foto distribuite in piu' pagine raffiguranti persone del mondo della cultura in generale, della politica, della scienza, del cinema e delle arti in generale raccolte seguendo uno schema non preciso preferendo pero' dividere i personaggi e le persone famose per categorie. Vediamo cosa ne viene fuori. Cominciamo con la poesia e la letteratura. E per ogni categoria in stretto ordine alfabetico. Per nome e non per cognome.
Agatha Mary Clarissa Miller nasce nel 1890 a Torquay, in Inghilterra da padre americano.
Quando la piccola è ancora in tenera età, la famiglia si trasferisce a Parigi dove la futura scrittrice intraprende fra l'altro studi di canto.Orfana di padre a soli dieci anni, viene allevata dalla madre (oltra che dalla nonna), una donna dotata di una percezione straordinaria e di una fantasia romantica spesso non collimante con la realtà. Ad ogni modo, il padre della Christie non era certo un esempio di virtù familiari, essendo un uomo più dedito al cricket e alle carte che alla famiglia. L'infanzia della Christie sarebbe una normale infanzia borghese se non fosse per il fatto che non andò mai a scuola. Anche della sua educazione scolastica si incaricò direttamente la madre, nonché talvolta le varie governanti di casa.Inoltre, nell'adolescenza fece molta vita di società fino al matrimonio, nel 1914, con Archie Christie che in seguitò diventerà uno dei primi piloti del Royal Flying Corps durante la prima guerra mondiale. La Christie aveva sviluppato intanto una forte passione per la musica e infatti, divenuta un poco più consapevole circa il proprio futuro, aspira fortemente a diventare una cantante lirica. Purtroppo (o per fortuna, dal punto di vista della storia della letteratura), non ottiene molti riscontri in questa veste, cosa che la persuade a tornare in Inghilterra. Agatha in questo periodo inizia la sua attività di scrittrice con biografie romanzate con lo pseudonimo di Mary Westmacott che, però, vengono ignorate sia dal pubblico che dalla critica.L'idea per il suo primo romanzo giallo, "Poirot a Styles Court", le venne lavorando in un'ospedale, come assistente nel dispensario, a contatto con i veleni.Ma il primo successo arrivò, nel 1926, con "Dalle nove alle dieci". Dopo la morte della madre e l'abbandono del marito (di cui dopo il divorzio conservò il cognome per ragioni unicamente commerciali), Agatha scompare e, dopo una ricerca condotta in tutto il paese, viene ritrovata ad Harrogate nell'Inghilterra settentrionale sotto l'effetto di un'amnesia. Per due o tre anni, sotto l'effetto di una forte depressione, scrisse romanzi decisamente inferiori alle sue opere più riuscite, fino a che un viaggio in treno per Bagdad le ispirò "Assassinio sull'Orient Express" e la fece innamorare di Max Mallowan che sposò nel 1930.Nel 1947 il suo successo è ormai talmente radicato che la Regina Mary, al compimento dei suoi ottant'anni, chiede alla scrittrice, come regalo di compleanno, la composizione di una commedia. La Christie, assai lusingata della richiesta, stende il racconto "Tre topolini ciechi", che la Regina dimostrò in seguito di gradire moltissimo. Ma anche il pubblico ha sempre dimostrato di essere molto attaccato alle sue opere. Tradotti in 103 lingue, in alcuni casi è diventata talmente popolare da sfiorare il mito. In Nicaragua, ad esempio, venne addirittura emesso un francobollo con l'effigie di Poirot. Nel 1971 le viene assegnata la massima onorificenza concessa dalla Gran Bretagna ad una donna: il D.B.E. (Dama dell'Impero BritaNel Natale del 1975 nel romanzo "Sipario" la Christie decise di far morire l'ormai celeberrimo investigatore Hercule Poirot mentre, il 12 gennaio 1976, all'età di 85 anni, muore anche lei nella sua villa di campagna a Wallingford. E' sepolta nel cimitero del villaggio di Cholsey nel Oxfordshire. Secondo un rapporto dell'UNESCO, Agatha Christie in vita guadagnò circa 20 milioni di sterline, cioè poco più di 23 milioni di euro.A tutt'oggi, Agatha Christie è una certezza per gli editori che pubblicano i suoi romanzi, essendo uno degli autori più venduti del mondo.
Di lei Winston Churchill disse: "è la donna che, dopo Lucrezia Borgia, è vissuta più a lungo a contatto con il delitto"
Scrittore francese, premio Nobel
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Premio Nobel per la Letteratura nel 1957, scrittore difficilmente annoverabile ad una specifica corrente letteraria, Albert Camus nasce il 7 novembre 1913 in Algeria a Mondovi, oggi Dréan. Il padre, fornitore di uva per vinai locali, muore molto giovane durante la Prima guerra mondiale, nella battaglia della Marna, servendo "un paese che non era suo", come Camus annoterà nel suo ultimo lavoro "Le premier homme", incompiuto a causa della prematura scomparsa dell'autore.Il giovane Camus rimane con la madre e la nonna; la severità di quest'ultima rivestirà un ruolo molto importante nell'educazione di Albert.
Camus spicca negli studi; il professore Jean Grenier, con il quale instaura un'importante amicizia, lo spinge verso l'ottenimento di una borsa di studio per la prestigiosa università di Algeri.La tubercolosi colpisce Albert Camus giovanissimo: la malattia purtroppo gli impedisce di frequentare i corsi e di continuare a giocare a calcio come portiere, attività sportiva nella quale eccelleva. Finirà gli studi da privatista laureandosi in Filosofia nel 1936.Nel 1934 aderisce al movimento comunista: la sua è più una presa di posizione in risposta alla guerra civile spagnola (1936-1939, che termierà con la dittatura di Francisco Franco) piuttosto che un reale interesse alle teorie marxiste; questo atteggiamento favorevole ma distaccato nei confronti delle ideologie comuniste, porterà Camus sovente al centro di discussioni con i colleghi; spesso oggetto di critiche, prenderà le distanze dalle azioni del partito, per lui poco utili al raggiungimento dell'obiettivo dell'unità degli uomini e dei popoli.Sposa Simone Hie nel 1934 ma il matrimonio finisce presto a causa della dipendenza della donna dagli psicofarmaci. Sei anni più tardi la vita sentimentale di Camus riprende con Francine Fauré.L'attività professionale lo vede spesso impegnato all'interno di redazioni di giornale: uno dei primi impieghi è per un quotidiano locale algerino tuttavia finisce presto a causa di un suo articolo contro il governo, che cercherà poi in tutti i modi di evitare una nuova occupazione di giornalista per Camus in Algeria.Camus si vede costretto a emigrare in Francia dove collabora per "Paris-Soir" insieme al collega Pascal Pia: questi sono gli anni dell'occupazione nazista e Camus, dapprima come osservatore, poi come attivista, cerca di contrastare la presenza tedesca che ritiene atroce.Negli anni della resistenza si avvicina alla cellula partigiana "Combat" per il cui omonimo giornale curerà diversi articoli. Terminato il conflitto, il suo impegno civile rimane costante: Camus non si piega di fronte a nessuna ideologia, criticando tutto ciò che sembra allontanare l'uomo dalla sua dignità. Lascia il posto all'UNESCO a causa dell'entrata nell'ONU della Spagna franchista. Sarà inoltre tra i pochi a criticare apertamente i metodi brutali del Soviet in occasione della repressione di uno sciopero nella città di Berlino est.Dopo "Il mito di Sisifo" (1942), che costituisce una forte presa di coscienza sull'analisi delle assurdità umane, pubblica nel 1952 il saggio "L'uomo in rivolta", che lo porterà in polemica con la rivista "Les temps modernes" e alla rottura dei rapporti con Jean-Paul Sartre, con il quale aveva intrapreso numerose collaborazioni, sin dal secondo dopoguerra.Esce idealmente dalla categoria degli "esistenzialisti", a cui molti critici lo avevano relegato ma alla quale Camus si era sempre sentito estraneo.Camus nei suoi lavori ha sempre ricercato in modo profondo il legame tra gli esseri umani, cercando di comunicare quell'assurdo insito nelle manifestazioni umane come la guerra o, in generale, le divisioni di pensiero, che Camus indica come azioni inconsapevoli volte a recidere il legame stesso tra gli individui.Muore il 4 gennaio 1960 a causa di un incidente automobilistico, avvenuto nella cittadina di Villeblevin (vicino Sens). Camus aveva in passato avuto modo di esprimere più volte che un incidente d'auto sarebbe stato il modo più assurdo di morire. In tasca aveva un biglietto ferroviario non utilizzato: si crede avesse pensato di compiere quel viaggio in treno, cambiando idea solo all'ultimo momento.
"Non cammimare dietro a me, potrei non condurti: Non camminarmi davanti, potrei non seguirti. Cammina solo accanto a me e sii mio amico".
"Non e' la lotta che ci obbliga ad essere artisti. E' l'arte che ci obbliga a lottare".
"L'autunno e' una seconda primavera dove ogni foglia e' un fiore".
Alda Merini nasce il 21 marzo 1931 a Milano da famiglia di condizioni modeste. Il padre svolgeva lavoro di dipendente presso un’agenzia di assicurazioni mentre la madre era casalinga.
Alda è la seconda di tre figli, ma della sua infanzia si conosce quel poco che lei stessa scrisse in brevi note autobiografiche in occasione della seconda edizione dell'Antologia di Spagnoletti. In quest’ultima si descrive come una ragazza sensibile e dal carattere melanconico, piuttosto isolata e poco compresa dai suoi genitori ma molto brava ai corsi elementari: "... perché lo studio fu sempre una mia parte vitale". Dopo aver terminato il ciclo elementare frequenta i tre anni di avviamento al lavoro presso un istituto milanese e cerca, senza riuscirci (per non aver superato la prova di italiano), di essere ammessa al Liceo Manzoni. Nello stesso periodo si dedica allo studio del pianoforte uno strumento da lei particolarmente amato.
Esordisce come autrice giovanissima, a soli quindici anni, sotto la guida di Spagnoletti che scoprì il suo talento artistico e che sarà il primo a pubblicarla nel 1950, nell'Antologia della poesia italiana contemporanea dal 1909 al 1949.
Nel 1947 Merini incontra "le prime ombre della sua mente" e viene internata per un mese in una clinica psichiatrica.
Nel periodo che va dal 1950 al 1953 la Merini frequenta per lavoro e per amicizia il poeta Salvatore Quasimodo che beneficerà di alcune poesie a lui dedicate.
La sua vita privata invece subisce un’evoluzione al termine della sua difficile relazione con il famoso scrittore, traduttore e critico letterario Giorgio Manganelli, nel 1954 infatti sposa Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie di Milano, con il quale avrà un rapporto tormentato e burrascoso intervallato dalla nascita delle quattro figlie: Emanuela, Barbara, Flavia e Simona.
Nel 1962 inizia un difficile periodo di silenzio e di isolamento, dovuto all'internamento al "Paolo Pini", che dura fino al 1972, con alcuni ritorni in famiglia. Si alterneranno in seguito periodi di salute e malattia, probabilmente dovuti alla sindrome bipolare.
Nel 1979 la Merini ritorna a scrivere, dando il via ai suoi testi più intensi sulla drammatica e sconvolgente esperienza del manicomio, testi contenuti in quello che può essere inteso come il suo capolavoro": "La Terra Santa" con la quale vincerà nel 1993 il Premio Librex Montale.
Ma le pene della scrittrice continuano. Nel 1981 muore il marito, e la Merini, rimasta sola e ignorata dal mondo letterario, cerca inutilmente di diffondere i suoi versi, trovandosi in difficoltà economiche affitta addirittura una stanza ad un pittore e nel frattempo inizia a comunicare telefonicamente con l'anziano poeta nonché medico Michele Pierri, che in quel difficile periodo di ritorno nel mondo letterario, aveva dimostrato di apprezzare la sua poesia e che sposerà nell’ottobre del 1983 trasferendosi a Taranto. Le condizioni della poetessa peggiorano nonostante la serenità ritrovata con il secondo marito e nel luglio del 1986 sperimenta nuovamente gli orrori dell'ospedale psichiatrico.
Dal 1989 agli anni seguenti diverse pubblicazioni consolidano il ritorno sulla scena letteraria della scrittrice che ritorna alla “ribalta poetica” grazie a numerosi collaborazioni con differenti editori, illustratori e fotografi del panorama italiano. Inoltre vengono musicate nel 2004 diverse poesie cantate da Milva, ma proprio nello stesso anno le sue condizioni di salute peggiorano e il 1 novembre 2009 a causa di una affezione tumorale muore all’ospedale San Paolo di Milano.
Una sua poesia che parla dfella sua nascita.
Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
Alda Merini
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Le frasi e gli aforismi più belli di Alda Merini
Mi sveglio sempre in forma e mi deformo attraverso gli altri.
La superficialità mi inquieta ma il profondo mi uccide.
Non cercate di prendere i poeti perché vi scapperanno tra le dita.
Sono una piccola ape furibonda.
Illumino spesso gli altri ma io rimango sempre al buio.
La pazzia mi visita almeno due volte al giorno.
Non sono una donna addomesticabile.
Quelle come me guardano avanti, anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.
Non sono bella sono soltanto erotica.
Non mettetemi accanto a chi si lamenta
senza mai alzare lo sguardo,
a chi non sa dire grazie,
a chi non sa accorgersi più di un tramonto.
Chiudo gli occhi, mi scosto di un passo.
Sono altro.
Sono altrove.
E se diventi farfalla nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali.
La miglior vendetta? La felicità. Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice.
Io trovo i miei versi intingendo il calamaio nel cielo.
Non ho più notizie di me da tanto tempo.
Sei la finestra a volte verso cui indirizzo parole di notte, quando mi splende il cuore.
O poesia, non venirmi addosso
sei come una montagna pesante,
mi schiacci come un moscerino;
poesia, non schiacciarmi
l’insetto è alacre e insonne,
scalpita dentro la rete,
poesia, ho tanta paura,
non saltarmi addosso, ti prego.
Se le donne sono frivole è perché sono intelligenti a oltranza.
Le mosche non riposano mai perché la merda è davvero tanta.
Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. Sono nate lì le mie più belle amicizie. I matti son simpatici, non come i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita!
Accarezzami, amore
ma come il sole
che tocca la dolce fronte della luna.
Non venirmi a molestare anche tu
con quelle sciocche ricerche
sulle tracce del divino.
Dio arriverà all’alba
se io sarò tra le tue braccia.
Nessuno mi pettina bene come il vento.
Dio mio, spiegami amore come si fa ad amare la carne senza baciarne l’anima.
Chi si nasconde nella tenerezza non conosce il fuoco della passione.
La semplicità a volte è il sintomo di una interna avarizia.
La depressione è un discorso puro sulla creatività.
La casa della poesia non avrà mai porte.
Tutti gli innamorati sono in Cristo.
La corda più silenziosa è quella dei versi.
Io amo perché il mio corpo è sempre in evoluzione.
I poeti non si redimono, vanno lasciati volare tra gli alberi come usignoli pronti a morire.
Si uccide per sete di denaro, o per senso di colpa, comunque si uccide sempre. Si uccide anche con le carezze.
Il paradiso non mi piace perché verosimilmente non ha ossessioni.
Il peccato non si rifiuta mai.
La pistola che ho puntato alla tempia si chiama Poesia.
La nevrosi è qualche cosa di circoscritto al pube.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore
Il fallo maschile mi fa solo pensare a quante rinunce mi ha fatto fare la vita.
Forse il manicomio esiste per questo. Perchè il vero peccato mortale per gli uomini è la libertà.
La nudità mi rinfresca l’anima.
Gli emarginati hanno il fiato dolce.
La lobotomia è il tocco finale di un grande parrucchiere.
Nessun uomo può dire di non essere stato crocifisso almeno una volta a quel ramo di ulivo che è la donna.
Ci sono adolescenze che si innescano a novanta anni.
Il sogno canta su una corda sola.
Ho il colon ustionato di versi.
Il mio letto è una zattera che corre verso il divino.
Amare un giovane è come sfidare Dio.
Anche la follia merita i suoi applausi.
L’imperativo categorico del poeta è di morire prima di cominciare a esistere.
Domandano tutti come si fa a scrivere un libro: si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi.
A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello di magico pensiero.
I figli si partoriscono ogni giorno.
I colori maturano la notte.
Quelle come me sono quelle che, nell’autunno della tua vita, rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti e che tu non hai voluto.
Il poeta non dorme mai ma in compenso muore spesso.
Le più belle poesie si scrivono sopra le pietre coi ginocchi piagati e le menti aguzzate dal mistero.
Amarti è stato come conficcare una stella nel vetro di una finestra.
Non posso farmi santa perché ho sempre in mano l’arma del desiderio.
La gente quando non capisce inventa e questo è molto pericoloso.
Si va in manicomio per imparare a morire.
Nessuno rinuncia al proprio destino anche se è fatto di sole pietre.
I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
Quando la bugia sembra vera nasce la calunnia.
La menopausa è il periodo dorato dell’amore.
C’è chi si masturba per non perdere l’orientamento.
Se Dio mi assolve, lo fa sempre per insufficienza di prove.
I miei amori sono di tipo randagio.
Il dolore non è altro che la sorpresa di non conoscerci.
Ci si abbraccia per ritrovarsi interi.
Io vorrei essere aiutata ma non a capire. Perché ho capito fin troppo.
Appartenere a qualcuno significa entrare con la propria idea nell’idea di lui o di lei e farne un sospiro di felicità.
Rifiuterò sempre il Nobel perché in Svezia fa freddo.
Le persone capitano per caso nella nostra vita, ma non a caso. Spesso ci riempiono la vita di insegnamenti. A volte ci fanno volare in alto, altre ci schiantano a terra insegnandoci il dolore… donandoci tutto, portandosi via il tutto, lasciandoci niente…
È necessario che una donna lasci un segno di sé, della propria anima, ad un uomo perché, a fare l’amore siamo brave tutte!
Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno. Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara.
Beati coloro che si baceranno sempre al di là delle labbra, varcando il confine del piacere, per cibarsi dei sogni.
Gli aforismi sono gli incantesimi della notte.
Everything that I love