Celebre fotografgo di moda ai tempi di Richard Avedon e Cecil Beaton. Nel 1956 insieme con lei fondo' la Marilyn Monroe Production. Ed insieme produrranno il film Il principe e la ballerina (The Prince and the Showgirl), che sarà anche la loro unica produzione. Fotografò nella sua carriera fra gli altri: Frank Sinatra, Grace Kelly, Marlene Dietrich, Elizabeth Taylor, Cary Grant, Sophia Loren, Groucho Marx, Audrey Hepburn, Judy Garland, Lauren Hutton, Alfred Hitchcock, Romy Schneider, Ava Gardner, Claudia Cardinale, Paul Newman e Lauren Bacall.
"È tutta donna, la donna più donna del mondo" la definì Arthur Miller. Chi avesse ancora qualche dubbio dia un’occhiata al libro uscito il 5 ottobre del 2017 per Rizzoli dal titolo Marilyn Monroe-Milton H. Greene. Un fotografo e la sua musa. Una grande saga per immagini sulla diva ritratta da chi la conosceva bene: non solo la star dunque, la leggenda, il mito, ma la donna. Marilyn vista da vicino. Molto da vicino, anche senza trucco. Un tesoro composto da migliaia di foto, tutte della stessa mano. Sono 284 quelle che hanno superato la selezione e sono nel libro, oltre metà delle quali, 154, totalmente inedite, private.
L'evidente chimica tra lei e Milton Greene, che a vent’anni veniva già acclamato come l’enfant prodige della fotografia a colori, rese sulfurei ma talvolta anche angelici i suoi scatti, sempre nel rispetto del personaggio ma soprattutto della donna, delle sue pose, dei suoi sorrisi, dei suoi sguardi, dei suoi gesti spesso provocanti e sensuali, ma sempre palpitanti di innocenza. Nessuno più di lui seppe imprigionare nell’obiettivo quella «soffice, arrendevole vulnerabilità che gli uomini considerano l’essenza stessa della femminilità» così tipica di Marilyn, come la descrisse Anthony Burgess.
Ancora più di Cecil Beaton e di Richard Avedon, GREENE era il fotografo delle celebrities: ritrasse Liz Taylor, Marlene Dietrich, Sophia Loren, Ava Gardner, ma con nessuna ebbe un rapporto così stretto, un’autentica simbiosi, come con Marilyn. Pressoché coetanei si conoscono perché lui ha l’incarico di fotografarla per la rivista Look. Seguiranno in quattro anni ben 52 sessioni fotografiche quante nessun mago del clic potrà mai vantarne con una sola star di quel calibro: foto fatte per lavoro, su commissione, ma anche foto scattate per gioco, per il piacere di conoscersi e di piacersi, dove il pubblico si intreccia al privato, il lavoro al tempo libero, l’impegno al gioco e al divertimento.
Anche foto di nudo che Look giudicò troppo audaci per essere pubblicate: lei è in cappotto nero senza niente sotto, seduta per terra, inginocchiata: mai stata così erotica. Foto in cui Marilyn è vestita da contadina, con l’abito di Jennifer Jones nella sua interpretazione da Oscar di Bernadette, o vestita da cartomante, o da acrobata da circo mentre cavalca un’elefantessa in una serata benefica al Madison Square Garden, o da prostituta di strada, seduta su un gradino in calze a rete.
Marilyn in posa tra cuscini orientali con tre cagnolini pechinesi, più casalinga disperata che femme fatale; Marilyn a cavallo, o simil-nuda sotto candide lenzuola di seta, o accoccolata vestitissima nella spaccatura di una roccia, o in maglione da tennis, o in versione boudoir: supersexy e padrona di tutto l’armamentario della seduzione, il negligé, la stola di visone bianco franata sul seno nudo, la guepière, le giarrettiere, lei che nella vita reale odiava i tacchi alti e in casa camminava solo scalza. Marilyn sempre e comunque affascinante e ironica, come nelle immagini che la ritraggono abbracciata alla statua in marmo nero di un discobolo che sembra prendere miracolosamente vita dal calore di quell’abbraccio.
Le foto arrivano a noi grazie alla pazienza certosina di Joshua Greene, che alla morte del padre si consacrò a catalogare, restaurare, preservare quelle immagini che in buona parte sarebbero andate perdute. Un lavoro durato oltre vent’anni, nei quali Greene jr ha fatto ricorso alle più moderne tecnologie digitali e di stampa, non senza imprevisti e difficoltà. Alcune foto della collezione sono arcinote: classici assoluti, autentiche icone, come Marilyn in tutù di tulle, i piedi nudi, lo sguardo triste. È una delle tre foto che Time magazine scelse nel 1999 quando volle pubblicare tre ritratti di altrettanti personaggi celebri che meglio simboleggiassero o riassumessero il Novecento. Uno era Einstein che fa la linguaccia, un altro era Winston Churchill imbronciato ma vittorioso, la terza foto era Marilyn ballerina nel suo tutù verginale, ma anche di due taglie troppo piccolo. Più che una fotografia un poster moltiplicato per milioni di copie, un manifesto pop.
Le immagini veramente pregiate di questa raccolta sono piuttosto le foto sconosciute e privatissime di una star al naturale: non Marilyn Monroe ma Norma Jeane ospite in una villa di amici mentre fa il bagno in piscina e non ha nulla della diva e nulla della vamp, i capelli bagnati e corti, la pelle completamente struccata con le lentiggini in vista, l’aria indifesa. Il glamour sta proprio in ogni assenza di artificio. Sta in questo obiettivo fisso sul dietro le quinte, in queste immagini spontanee, delicate, non professionali, in questo spaccato domestico della vita di tutti i giorni che l’attrice condusse per quattro anni, dal ‘53 al ‘56, a casa di Milton Greene. In pratica la sua famiglia diventò quella del suo fotografo personale, con il quale Marilyn fondò una casa di produzione cinematografica tutta loro (51 per cento delle azioni a lei, a lui, che voleva diventare regista e produttore, il 49) in modo da potersi sottrarre al rapporto da lei stessa definito «schiavizzante» che la incatenava alla 20th Century Fox, cui fece causa.
Fu questo il motivo per cui abbandonò Hollywood traslocando sulla East Coast e andando ad abitare a casa di Milton, della moglie Amy ex modella cubana e del loro piccolo Joshua, che ancora oggi ricorda con quanta dolcezza l’attrice, che aveva sempre desiderato avere un bambino, gli facesse da baby sitter, giocasse con lui a cuscinate o con le bolle di sapone. Questi quattro anni descritti come «i più idilliaci», o forse i soli idilliaci nella breve vita della star ci consegnano l’immagine di una donna piena di speranze e ottimismo, non certo preda delle sue nevrosi: «Marilyn non era una vittima» ha ripetuto Amy Greene che, come il marito, non ha mai creduto alla tesi del suicidio. «Detesto quando la gente la descrive come una vittima. Era una giovane donna che viveva la vita come fosse una spugna: voleva che la vita entrasse e le indicasse che cosa doveva fare. Ecco perché aveva un senso dell’umorismo così spiccato. E viveva ogni giorno nel presente».
Forse le foto più straordinarie, davvero commoventi, sono quelle scattate da Milton Greene alle nozze di Marilyn con Arthur Miller. Istantanee in bianco e nero, niente di posato. Foto a loro modo indiscrete, in quanto mettono a nudo i due personaggi come passandoli ai raggi X. Lui la bacia e lei, che per sposarlo si è convertita alla religione ebraica, sembra soccombere. Lui è astuto e lei è innamorata: si vede, traspare. Festeggiano a casa di amici e mangiano all’aperto pollo croccante al mais. Lui sarà il suo pigmalione ma la renderà molto infelice. Marilyn lo chiama «daddy», papà. Il giorno del matrimonio, un torrido primo luglio 1956, dichiara esultante ai cronisti: «Ho un re per marito, un re!». E lui contraccambia sussurrando: «Sei così bella, non riesco neanche a guardarti». Lui è un commediografo di gran nome, l’incarnazione dell’intellettuale progressista che tuttavia Norman Mailer bollerà come «interessato ai soldi, bloccato, sussiegoso, astemio». Lei è al culmine assoluto della sua leggendaria bellezza e della sua carica erotica, Miller è ammaliato da quel mix contraddittorio di offerta sessuale e di tenerezza infantile.
Quando si incontrano per la prima volta lo scrittore percepisce in Marilyn la natura malinconica, la vocazione all’infelicità tanto da dirle: «Sei la ragazza più triste che io abbia mai conosciuto». Lei invece è soggiogata dalla sua intelligenza e dalla sua cultura, fino a mitizzarlo: «Tu sei come un Dio per me!». Sarà proprio Arthur Miller, sospettando che i due fossero amanti, a decretare la fine dell’amicizia fra Marilyn e il suo fotografo preferito. Le pose un aut aut: devi scegliere fra lui e me. E fu cosi' che un sodalizio umano e professionale tanto forte andò in briciole, lasciando però dietro di sé un’eredità senza tempo: le foto più intense mai scattate alla diva più amata del secolo.
(22 settembre 2017)
In queste pagine compaiono molte delle foto che Milton ha scattato a Marilyn in numerose occasioni sia pubbliche che private. Alcune di queste foto sono state inserite in pagine apposite come quelle riguardanti la partecipazione alla Serata di beneficenza organizzata nel 1955 al Madison Square Garden con Marilyn ritratta anche sulla groppa di un elefante colorato di rosa per l'occasione. Molte foto di Greene sono state poste nella pagina intitolata Bus Stop e altre in quella dal titolo The 7 Year Itch.
Dal 1953 al 1957 Milton Greene sua moglie e i loro due figli furono per Marilyn la sua famiglia e quando era con loro tornava ad essere Norma. Milton le scatto' molte foto anche senza trucco, foto che suo figlio ha raccolto negli anni, selezionato e inserito in un libro uscito nel 2017 che ne raccoglie un paio di 100 tra le migliaia che ha scattato suo padre Milton Greene.
Prima di sciogliere il loro connubio, la loro compartecipazione alla societa' di produzione cinematografica e soprattutto prima di rompere almeno in apparenza la loro lunga amicizia, molti furono i servizi che Milton realizzo' con Marilyn nel 1956 e questo dal titolo The Black Sitting e' forse uno dei piu' belli.
Questa foto di Greene e' un vero capolavoro. Dentro quel volto di profilo c'e tutta Marilyn e tutta Norma Jean.
Malgrado Marilyn non avesse certo bisogno di posare in foto piccanti dopo i grandi successi consecutivi di una serie di suoi film, l'ascendente che aveva Milton su di lei gli permise di fotografarla anche in pose molto sexy come questa serie in rosso,
Siamo nel 1956 e tra poco il loro sodalizio finira' per colpa della gelosia soprattutto di Miller.
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